Quando si parla di Industria 4.0 non si può non parlare di
quanto sia importante monitorare in modo costante e approfondito tutte le
attività connesse alla produzione e alla gestione degli impianti produttivi.
Sicuramente a questo fine sono indispensabili le tecnologie
per la raccolta dati dal campo, la loro elaborazione e presentazione e, non
meno importante, è l’integrazione dei dati di processo con i sistemi
informativi aziendali, tutte cose su cui in Dedagroup lavoriamo
quotidianamente.
In questo articolo vorrei invece concentrarmi sul perché è
importante definire dei metodi standard per misurare l’efficienza di un
processo produttivo e, in particolare, sulla necessità di definire ed elaborare
indicatori di prestazione che permettano di comprendere e condividere il buon funzionamento
di un processo.
Di indicatori di prestazione se ne parla da quando esistono
le aziende, un Direttore finanziario di qualunque azienda ha ben presente –
direi giorno dopo giorno – l’andamento del fatturato, dei costi, dell’EBITDA,
così come un Direttore vendite è misurato sul venduto nella sua zona.
Per ogni ambito ci sono degli indicatori di prestazione
peculiari e ben definiti.
Ma qual è la situazione nei dipartimenti produttivi?
Fino a qualche anno fa erano veramente poche le aziende che
avevano definito dei metodi standard per misurare le prestazioni di un
processo, di una linea produttiva o di una macchina.
Fortunatamente, oggi con l’avvento della cosiddetta quarta
rivoluzione industriale i temi riguardanti la definizione e il monitoraggio dei
Key Performance Indicator (KPI) in ambito produttivo sono sicuramente argomento
di discussione più che in passato.
Oggi un Direttore della produzione non può non tenere in
grossa considerazione i principali indicatori di sua competenza e, in
particolare, l’Overall Equipment Effectiveness (OEE).
Questo parametro - letteralmente traducibile in “efficienza
generale dell’impianto” – è un indicatore di prestazione che combina altri
tipici KPI di produzione per esprimere il livello di efficienza reale di una
linea produttiva.
Per calcolarlo sono considerate la disponibilità della
macchina, come per esempio su quanti turni è utilizzata, la sua prestazione in
termini di tempo impiegato, ovvero per quante ore è realmente in funzione sulla
linea di produzione, e la qualità dei componenti, che si riferisce invece a quanti
pezzi buoni sono prodotti rispetto a quelli che sono scartati.
L’Overall Equipment Effectiveness è giustamente ritenuto il
principale indicatore di prestazione di un impianto produttivo perché, rispetto
ad altri indicatori da cui vene derivato, è influenzato direttamente da
eventuali inefficienze produttive come per esempio guasti, tempi di
manutenzione, riattrezzaggio e scarti: tutti elementi che rallentano significativamente
la produttività.
Per questo l’OEE misura bene l’efficienza generale, perché considera
non solo come operano le macchine ma anche come lavorano le persone e come
funzionano i processi di approvigionamento, manutenzione o riattrezzaggio.
In qualsiasi conversazione di merito con un Direttore di Produzione
questo KPI è un perno imprescindibile su cui ragionare, o un sintomo
inequivocabile di necessità di miglioramento laddove questo non sia monitorato.
Mentre chiarire per bene come calcolare l’OEE è un tema
troppo ampio per essere affrontato in un articolo, dare già delle cifre può
essere utile a capire le proporzioni dei benefici che derivano dal lavorare
sull’efficientamento con metriche alla mano.
Qual è dunque un buon valore di Overall Equipment
Effectiveness e, invece, quando è il caso di preoccuparsi?
Tipicamente, un’azienda che non ha mai affrontato progetti
di miglioramento dell’efficienza e che non monitora i propri indicatori di
performance, si attesta su valori non superiori al 50-60%.
Le aziende più attente a questi aspetti, invece, raggiungono
facilmente il 70-75% e soprattutto riescono a mantenerlo nel tempo; ottenere un
Overall Equipment Effectiveness pari all’85% è invece da considerarsi un risultato
d’eccellenza. Naturalmente è virtualmente impossibile, invece, attestarsi sul 100%:
questo significherebbe avere un sistema che non si ferma mai, che non effettua
mai attrezzaggi e manutenzione.
D’altra parte, è bene considerare che raggiungere un
risultato tra l’80-85% a partire, per esempio, da un valore pari al 60%, è un
obiettivo solitamente raggiungibile da qualsiasi azienda che voglia dotarsi
delle giuste tecnologie e affidarsi a un partner in grado di indirizzarne
l’implementazione in modo concreto e profittevole.
Monitorare Overall Equipment Effectiveness non si traduce in
un miglioramento automatico della produttività ma inizia a farlo quando
abbinato ad una analisi dettagliata ed accurata dei motivi alla base della
ridotta produttività. Un’analisi di questo tipo può essere svolta in modo
tradizionale – utilizzando dati reali rappresentati in modo ordinato e chiaro –
oppure attraverso tecnologie di analisi avanzata delle informazioni che oggi, fortunatamente,
sono ormai accessibili anche da aziende medie e piccole. Si tratta di un
approccio che usa i dati – e la valutazione delle performance produttive
attorno agli indicatori chiave che li raccolgono – come leva principale della
trasformazione dei processi industriali.
In Dedagroup Business Solutions, ad esempio,
abbiamo abbinato allo storico di progetti concreti che realizziamo per i nostri
clienti anche partnership tecnologiche che ci consentono di portare i processi
industriali verso ecosistemi digitali, in cui dati e applicazioni aiutano le
imprese a migliorare le performance e allargano di molto gli orizzonti di
miglioramento raggiungibili.
Per dare un esempio fruibile con mano, abbiamo da poco
aggiunto al nostro track record di progetti coi clienti anche un ecosistema in
laboratorio; un lavoro in partnership con Optoi e ProM Facility – il Polo di
Meccatronica di Rovereto (TN) – che ci vedrà impegnati nella sperimentazione
pratica dell’approccio data-driven alla trasformazione digitale dei processi
industriali. Una parte consistente del lavoro è già stata fatta ed è interessante
per la sua efficacia e replicabilità.
Una prima sperimentazione di cui ci siamo occupati ha
riguardato il recupero dei dati di funzionamento di una macchina industriale.
Queste informazioni sono state elaborate per costruire una dashboard in grado
di aggiornarsi in tempo reale, andando a calcolare Overall Equipment
Effectiveness in modo dinamico. L’applicazione concreta di questo approccio e
di questo know-how ha generato interesse durante l’evento di
presentazione della nostra collaborazione con Optoi e ProM Facility.
In particolare, l’elemento atipico rispetto ad altre
iniziative di questo genere, è relativo al fatto che la macchina monitorata era
una troncatrice manuale non nativamente Industry 4.0, ovvero non dotata di
alcuna elettronica in grado di fornire dati riguardo al suo funzionamento.
Sfruttando le competenze elettroniche sui sensori di Optoi, abbiamo
effettuato il retro-fit della macchina dotandola di un sensore di vibrazioni,
di un gateway di campo in grado di rilevare e analizzare i dati provenienti dal
sensore, di un lettore di badge in dotazione agli operatori e ai manutentori per
tracciare lo stato di funzionamento (disponibile, funzionante, in manutenzione)
nonché la quantità di pezzi lavorati.
Per recuperare i dati riguardanti la qualità, invece, abbiamo
integrato nel processo un’applicazione già in uso nella funzione qualità.
Combinando questi elementi abbiamo calcolato Overall Equipment Effectiveness dell’impianto
e posto le basi per avviare l’ottimizzazione della produzione.
Questa sperimentazione mette in evidenza come si possa
implementare – in modo concreto e in tempi relativamente brevi – un sistema
efficace per il monitoraggio dei KPI anche per quelle linee di produzione
composte da macchine eterogenee provenienti da fornitori diversi o, addirittura,
non nativamente dotate di capacità di elaborazione dei dati.
Soluzioni così inclusive rispetto ai macchinari legacy sono
pensate per rispondere all’esigenza dei clienti di conservare gli investimenti fatti
in precedenza e diminuire così lo sforzo economico.
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