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Il progresso dell’Italia nella digitalizzazione dei servizi pubblici

Cinque anni di Indice Ca.Re. (Cambiamento Realizzato)

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Luigi Zanella
Head of business innovation & development



Progresso, dal latino: “progressis” – andare avanti. Il panorama digitale italiano ha subito una trasformazione epocale negli ultimi anni. Se ci soffermassimo ad osservare, anno dopo anno, le trasformazioni che stanno interessando l’Italia, probabilmente non riusciremmo a cogliere appieno la sua scalata in termini di disponibilità, efficienza e sicurezza dell’infrastruttura, interoperabilità dei dati, attuazione del principio once only e incremento dell’uso dell’identità digitale. Ecco perché è necessario allargare la visione e analizzare una spanna temporale più ampia. Fare qualche passo indietro e ripercorrere il lungo percorso, non privo di ostacoli, che abbiamo compiuto per raggiungere questi importanti traguardi.

 
 

Dal 2017 ad oggi, l’Italia ha dimostrato una determinazione crescente che oggi, grazie anche all’accelerazione del PNRR, vede le Amministrazioni locali protagoniste del percorso di trasformazione digitale del Paese.

 


I Comuni stanno infatti lavorando per adeguarsi agli obblighi previsti dal Codice Amministrazione Digitale (CAD) e raggiungere gli obiettivi della strategia prevista dal Piano Triennale per l’Informatica: realizzare servizi pubblici digitali evoluti dedicati a cittadini e imprese, sicuri, semplici, erogati in cloud, interconnessi con i back-office e con le infrastrutture nazionali come pagoPA, SPID, CIE, App IO e notifiche digitali. 

 

Come misurare dunque questo cambiamento?

 

Un benchmark importante è sicuramente il Digital Decade policy programme 2030. A metà 2022, la commissione europea si è espressa a favore dell’attuazione del programma politico 2030, con l’obiettivo di creare un percorso verso il decennio digitale. Un momento storico, che segue le tracce del PNRR e del NextGeneration EU ed istituisce un meccanismo di monitoraggio e cooperazione per il raggiungimento degli obiettivi comuni in relazione alla trasformazione digitale dell’Europa. E le metriche prendono in considerazione il fenomeno della sua interezza valutando i livelli di competenza, la presenza di infrastrutture, la digitalizzazione delle imprese e la presenza di servizi pubblici online, senza tralasciare l’etica e il rispetto dei diritti e dei principi digitali dell’UE.

Dalla definizione di questa importante strategia comune, dal 2023, l’indice DESI (Digital Economy and Society Index) lascia il posto al “Report on the State of Digital Decade”, che raccoglie, anno dopo anno, l’avanzamento degli obiettivi per l’attuazione del programma 2030. Nel report uscito nel 2023, il nostro Paese è stato riconosciuto per i suoi sforzi nell’espansione dell’accesso a Internet, nella trasformazione digitale delle imprese e nell’adozione di soluzioni digitali da parte dei cittadini, rimarcando i risultati positivi dell’Italia nel processo di digitalizzazione dei servizi pubblici. Tuttavia, sono state anche sottolineate alcune sfide in corso. La sicurezza informatica è diventata una priorità, dato l’incremento delle minacce online, e rimane un obiettivo che impone ingenti sforzi da parte delle istituzioni e delle amministrazioni, chiamate a ridurre il divario con gli altri Paesi.

Ciò che emerge chiaramente è che le recenti iniziative a favore dello sviluppo di servizi pubblici centrati sull’utente e la loro accessibilità aprono la strada a un futuro promettente, dove il loro utilizzo diffuso da parte dei cittadini può alimentare un circolo virtuoso di innovazione e progresso.

 

La strada percorsa, dalle iniziative locali alla visione europea, sta finalmente plasmando un panorama dove competenze, infrastrutture e servizi pubblici convergeranno per la creazione di un valore sociale futuro.

 

I risultati della Ricerca Ca.Re.

 

Le stesse considerazioni si riflettono puntualmente anche nella nostra Indagine sulla maturità digitale dei Comuni Capoluogo e sul suo indice sintetico Ca.Re. – Cambiamento Realizzato. Giunta ormai alla sua V edizione, ci offre un interessante modello per misurare la trasformazione digitale dei grandi Comuni italiani, verticalizzando anche il benchmark comunitario.

Anche qui, se guardiamo il trend che va dal 2019 ad oggi è evidente il balzo in avanti compiuto dalle amministrazioni locali. Un netto miglioramento misurato puntualmente attraverso tre indici che fungono da metriche di confronto negli anni: la disponibilità dei servizi online (Digital Public Services), l’integrazione con le piattaforme nazionali (Digital PA) e l’apertura e l’interazione digitale (Digital Openness). 

 

Se nel 2019, avevamo un’Italia dominata dal colore giallo dove su 107 Comuni presi in esame, il livello di maturità digitale complessivo era piuttosto basso, con 68 Enti che raggiungevano un grado di maturità digitale tra il medio e il buono e 39 in rilevante ritardo o esclusi dal processo, nell’edizione 2023 la situazione cambia radicalmente.

Vediamo oggi una cartina quasi tutta verde, dove su 110 Comuni, 84 si attestano ad uno stato medio-alto di maturità, 23 in quella medio-bassa e solo 3 comuni in quella bassa. Dati incoraggianti, frutto dei risultati ottenuti in tutte le metriche prese in esame.

 

Digital Public Services



Lo sviluppo di servizi semplici ed efficaci, oltre a costituire un obiettivo centrale per le complessive strategie di digitalizzazione della pubblica amministrazione, assume una rilevanza cruciale per le realtà comunali. Queste, alla luce dell’ampia gamma di servizi erogati, rappresentano a tutti gli effetti il front office della PA per cittadini e imprese. 

Nel 2019, 88 dei 107 Comuni capoluogo raggiungevano un buon livello nella messa a disposizione on line dei servizi al cittadino, mentre 19 erano in forte ritardo. Una situazione decisamente diversa nel 2023, in cui le città che ottengono un livello di maturità medio-alto per i servizi digitali sono ben 95.

 

Un progresso enorme se si considera poi che negli anni, l’indice Ca.Re. si è evoluto e affinato, aggiornandosi anno su anno secondo i progressi avvenuti – pur mantenendo saldi i parametri di base – spostando sempre più in alto l’asticella del confronto, essendo di fatto esso un indice relativo. 

 

Digital PA

 

La capacità di erogare servizi sempre più semplici ed efficienti passa anche dall’integrazione dei sistemi informativi dei Comuni con le grandi piattaforme nazionali. In particolare, riferendoci al contesto urbano, assumono particolare rilevanza: gli strumenti di identità digitale SPID e CIE, la piattaforma pagoPA per i pagamenti digitali e l’app IO, in qualità di punto di accesso unico dei servizi erogati dalla PA.

Per questa dimensione, nel 2019, sui 107 Comuni capoluogo considerati 69 raggiungevano un livello “buono”. In base ai risultati della rilevazione 2023, invece, sono 107 i Comuni che si posizionano ad una fascia di maturità medio-alta e solo 3 Comuni in situazione di forte ritardo (livello “basso”).

 

Un dato particolarmente incoraggiante è che tutti i 110 Comuni aderiscono a SPID e di questi, 74 hanno integrato anche l’accesso con CIE. Tutti i capoluoghi sono oggi attivi su pagoPA, per un totale di 46,1 milioni di transazioni ad aprile 2023 (+68,7% rispetto al 2022) e tutti hanno almeno un servizio esposto sull’app IO, per un totale di 1987 servizi.

 

Digital Openness

 


La piena affermazione del paradigma della “PA aperta” rappresenta un fattore essenziale per migliorare l’interlocuzione tra enti pubblici e cittadinanza
. Al contrario dei due indici precedenti, questi temi non sono strettamente correlati alle misure del PNRR, o almeno non direttamente. In particolare, in materia di dati pubblici, il Piano si concentra principalmente sul tema dell’interoperabilità delle basi dati pubbliche, in ossequio al principio once-only.

Secondo i criteri di classificazione che vigevano nel 2019, solo 31 Comuni  raggiungevano un livello medio-alto di maturità, ben 76 erano in una condizione che, rispetto alle potenzialità attuali, può essere considerata insufficiente. Nel 2023, i Comuni con un “buon” livello di openness sono 97 e solo 13 ancora in forte ritardo.

 
 

Il futuro della digitalizzazione dei servizi passa dall’esperienza utente e dalla sicurezza dei dati

 

Sì, perché non basta digitalizzare la vecchia carta e ripensare i processi interni delle amministrazioni, con queste azioni si efficienta la macchina. Perché i servizi poi generino reale valore per le persone e il territorio, è necessario che vengano utilizzati e che siano efficaci.

Ciò che ci attende dunque in futuro è il design dei servizi e la capacità di sviluppare user experience allineate con i bisogni reali delle persone. Ma non è l’unica sfida. Sarà necessario abbracciare anche la sfida della sicurezza, nello sviluppo dei sistemi e nella gestione dei dati.

Diverse le iniziative già delineate in questo senso: dal Polo Strategico Nazionale agli investimenti sulla Region Cloud di Microsoft fino alle nuove disposizioni ACN. La sicurezza e la sovranità del dato, insieme alla corretta progettazione delle infrastrutture e all’interoperabilità avranno un ruolo cruciale per garantire servizi digitali efficaci e performance adeguate alle aspettative dei clienti: i cittadini. 

 

In un panorama in cui i dati dovranno essere sempre più interconnessi, sarà più evidente il valore sociale della trasformazione digitale. Un valore che non sarà misurabile semplicemente in termini di tempo e denaro - grazie in primis all’ottemperanza del principio once only - ma crescerà esponenzialmente grazie ai dati che permetteranno lo sviluppo di un benessere sociale equo e sostenibile.

 

Saranno quei dati che sapranno supportare la transizione verso una smart cities sempre più efficiente, riprogettata negli spazi, più green. Un esempio è Ferrara, di cui spesso abbiamo parlato, in cui la riprogettazione urbana va a braccetto con la riduzione dell’inquinamento, dove i cittadini vengono coinvolti con progetti dedicati che spaziano dalla raccolta partecipata delle informazioni alla comunicazione smart.

In conclusione, leggere la realtà contemporanea alla luce dei cambiamenti che stanno plasmando la società del futuro non è mai semplice. Quando si guarda ai grandi fenomeni, globali o nazionali che siano, è facile incappare nell’errore di analizzarli anno per anno, dando adito allo scetticismo generale che definisce il progresso solo sulla base dei balzi in avanti. Come se il miglioramento, quello vero, non avvenisse un piccolo passo alla volta.

Allargare le nostre vedute, prendere in esame archi temporali più ampi, ci permette di non cadere in conclusioni affrettate e di guardare al futuro con quella vena positiva di chi sa che per cambiare le cose ogni passo, anche piccolo, è importante.

Ciò di cui abbiamo bisogno, in fondo, è la lucida razionalità di chi crede nella forza del progresso.