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Coding Power, l’evoluzione della specie

 
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Roberto Loro
Director Technology & Innovation

“Coding Power, l’evoluzione della specie” racchiude il nostro modo di leggere, interpretare e fare l’innovazione tecnologica, spaziando dal bi-modale, passando per il co-modale e approdando al Software Made in Italy.

Un racconto ibrido e aperto alla contaminazione, in cui fantastico, cyberpunk, postmodernismo e antropologia culturale si fondono ai dati e ai software, per sostenere che l’innovazione è cambio di prospettiva e volontà di mescolare elementi eterogenei per costruire nuovi mondi futuri.

 

Le tappe dell'evoluzione della specie

  1. #1. L’era Co-modale e la terra di mezzo
  2. #2. L’era Co-modale e l’evoluzione della specie
  3. #3 Unified Digital Business Knowledge Minds (et)
  4. #4 Coding Power: Made in Italy Software as an Asset

 

#1. L’era Co-modale e la terra di mezzo

 
 
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Sono passati quasi tre anni da quando abbiamo descritto il nostro percorso nell’Information Technology “bi-modale”, in cui la contaminazione continua tra IT tradizionale e componenti Digital, tra evoluzione e innovazione, sarebbe stata la fucina per la creazione di nuovo valore (Manifesto per l’innovazione Dedagroup). Nell’era digitale il tempo scorre non più lineare ma esponenziale, superando più velocemente che in passato modelli e schemi, anche questo.

 

L’Information Technology bi-modale prevedeva di “gestire due stili di lavoro separati ma coerenti. Uno predicibile, l’altro esplorativo, entrambi fattori chiave per la trasformazione digitale” (Gartner).  La sfida era trovare una sintesi, un modello di convivenza di due mondi separati e diversi: uno solido, lento, affidabile e molto strutturato, l’altro impalpabile, agile, innovativo, destrutturato, ma ricchissimo di novità e di potenzialità. 

Significava affiancare un centometrista ad un maratoneta e farli correre una gara ibrida, in cui nessuno dei due avrebbe potuto/dovuto perdere. Una gara ibrida per due atleti diversi che tali sarebbero rimasti, ciascuno con le proprie peculiarità. Ma come fanno un centometrista e un fondista a gareggiare giungendo insieme al traguardo?

Penso che stia emergendo e si stia affermando un nuovo paradigma, uno schema che supera la convivenza e l’affiancamento di due mondi - apparentemente inconciliabili - per lasciare il posto ad un’integrazione più strutturale e profonda basata su un nuovo modello applicativo. Stiamo entrando nell’era co-modale.

 

Co-modalità è un termine lontano dall’Information Technology, venne coniato e introdotto nel 2006 dall’Unione Europea per definire l’approccio comunitario alla globalità dei modi che caratterizzano la politica dei trasporti. Co-modale significa usare con intelligenza “modi” profondamente diversi (da soli o in combinazione) affinché la combinazione garantisca un utilizzo delle risorse ottimale e sostenibile. “L’unico modo per ottimizzare in modo naturale [i trasporti] è attraverso l’interoperabilità tra i diversi modi. In realtà c’è un solo servizio che si basa sulle migliori soluzioni (modi) disponibili.” 

 

Trasliamo il concetto dai trasporti all’Information Technology: Co-modale è uno strato nuovo, una “terra di mezzo” popolata da dati e software che provengono dal bi-modale (Tradizionale e Digital), ma che costituiscono un ecosistema distinto caratterizzato da dati e relazioni a densa interazione, anche se con un elevato grado di indipendenza e “identità”.

Non abbiamo più due atleti, il velocita e il fondista, ma un nuovo soggetto che assomiglia più ad un decatleta. Un unico atleta che assomma caratteristiche peculiari ma capacità globali, la cui gara – nella terra di mezzo - è unica, anche se costituita da molte discipline diverse.

 

La terra di mezzo è il territorio dove si crea valore dai dati e dalle relazioni, uno strato che si estende oltre i confini della singola organizzazione, dove le interazioni scendono al livello costitutivo, atomico: i dati. Lo strato applicativo è Co-sviluppato e attraversa discipline, domini, mercati e tecnologie. È frutto di una trasformazione multidirezionale, dall'interno all’esterno delle organizzazioni e viceversa.

 
 
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#2. L’era Co-modale e l’evoluzione della specie

 
 
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Waterfall o Agile? Top-down o Bottom-up? Tightly Integrated o Loosely Integrated? La risposta è sì. 

Siamo stati abituati ad un approccio “top down”, a progettare software complesso per decomposizione, disegnando l’architettura e definendo in modo preciso, statico e deterministico le interfacce e la semantica. I sistemi venivano definiti dalle interfacce: costanti, stabili e praticamente immutabili.

 

Poi è arrivata l’era Digital, una nuova generazione di componenti che integrano elementi non deterministici e fortemente dinamici (basti pensare al Machine Learning e agli algoritmi genetici). In cui i dati assumono il ruolo centrale e gli algoritmi costituiscono lo strato cognitivo. Le interfacce sono dinamiche, perché evolvono a mano a mano che evolve l’intero sistema, che diventa esso stesso meno deterministico. 

È ormai chiaro che l’approccio monolitico ai software e il miraggio di ricondurvi tutti i processi operativi di un’organizzazione sono superati e anacronìstici. Anche per il fatto che un’organizzazione è sempre più organizzazione “di e tra” organizzazioni e quindi deve continuamente riconfigurare e adattare i propri processi digitali in un ecosistema dinamico, vivo e impredicibile.

 

Tre anni fa pensavo che per affrontare l’Information Technology bi-modale sarebbe stata sufficiente una piattaforma che mettesse in comunicazione i due modi che sarebbero rimasti separati e indipendenti. Uno strato di interoperabilità che rendesse accessibili i dati e consentisse di elaborarli tramite le nuove componenti applicative. Così abbiamo costituito il Co-Innovation Lab e sviluppato una piattaforma denominata “Digital Hub” che ci consente di rendere disponibili, integrabili e analizzabili grandi moli di dati provenienti da fonti e soggetti eterogenei.

 

Nel frattempo, abbiamo lavorato a versioni più “digital” dei nostri “monòliti”. Per aprirli e facilitarne l’integrazione in ecosistemi applicativi più ampi, eterogenei e dinamici. È il caso di Stealth, software leader nel mondo Fashion, Luxury and Retail, che è oggi una vera e propria piattaforma applicativa che costituisce il sistema vitale della moda Made in Italy. Lo abbiamo fatto riprogettando Next, il sistema operativo della Città Digitale, per realizzare la trasformazione digitale delle Pubbliche Amministrazioni Locali portandole nel cloud e integrando nativamente le infrastrutture immateriali nazionali.

Questi mondi convergono, e i loro confini si fanno più sfumati. La piattaforma di interoperabilità sta progressivamente estendendo la sua portata e diventa la nostra “terra di mezzo”. Un nuovo strato applicativo leggero, dinamicamente popolato e integrato, in cui entrambi i mondi (modi) si integrano, si connettono e danno vita ad un nuovo ecosistema digitale che è il risultato di elementi di provenienza diversa (tradizionali, digital e del Digital Hub). 

 

È uno strato aperto che si arricchisce grazie a co-sviluppo, co-innovazione e collaborazioni. In cui i componenti di base sono liberamente utilizzabili e vengono rilasciati con licenza Open Source. Ogni elemento “contribuisce” all’ecosistema e caratterizza la sua evoluzione, che assomiglia sempre più a quella di un organismo.

Il contesto di co-evoluzione che anima lo sviluppo è caratterizzato da modalità nuove: Hackathon (Open Data HackaBot Trentino 2019, Hackathon MISTRAL (Meteo Italian Supercompunting Portal), progetti e collaborazioni con il mondo della Ricerca, con l’ecosistema Start-up, integrazione e condivisione tra le nostre Business Unit e sperimentazioni con i nostri Clienti.

 
 

Co-evoluzione per noi significa allargare la vista e la portata dello sviluppo ad un contesto ampio, esteso, aperto, interoperabile e interdisciplinare. Che coinvolge soggetti interni ed esterni, in cui integrazione e interscambio sono valori quotidiani che estendono e amplificano il patrimonio esistente trasformando sistemi in piattaforme, in “sistemi di sistemi”, in grado di interoperare e integrarsi dando origine al sistema vitale digitale dell’azienda (organizzazione) “aumentata”. 

 
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#3 Unified Digital Business Knowledge Minds (et)

 
 
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La Trasformazione Digitale sta generando un “gemello digitale” della realtà fisica. Enormi quantità di dati e informazioni saranno fonte di nuova informazione e conoscenza in qualunque settore. Sarà come passare dal microscopio ottico a quello elettronico a scansione. Si avrà un nuovo livello di conoscenza dei fenomeni e dei processi, di cause ed effetti delle interazioni. E se i dati sono gli “atomi” dell’era digitale, gli algoritmi sono il motore di competitività e innovazione. 

 

Dati e software rappresentano l’archivio e la miniera della conoscenza e competenza delle organizzazioni. La “mente digitale” dello sviluppo e della competitività, dove l’incrocio di culture, domìni e conoscenze si trasformano in vantaggio competitivo in una visione sistemica estesa di soggetti e attività. 

Una visione “unificata” delle attività in cui un-bundling e re-bundling di processi interni ed esterni, catene di valore, produzione, servizio, si trasformano grazie allo strato digitale che le rappresenta e descrive.

 

Ci servono strumenti nuovi, che consentano l’elaborazione di moli di dati fino a qualche anno fa inimmaginabili. Ecco perché le tecniche di Intelligenza Artificiale stanno entrando in modo pervasivo in qualunque settore applicativo. Se in passato le analisi e le previsioni si facevano con strumenti statistici, oggi dobbiamo utilizzare approcci più evoluti per trattare la complessità, per identificare fenomeni e andamenti in una realtà digitale molto più eterogenea e articolata. 

 
 

I dati provengono da fonti diverse, sono stati generati per scopi diversi, generalmente non compatibili, ma – una volta integrati - forniscono un patrimonio da cui – grazie alle tecniche di Intelligenza Artificiale e alla potenza del Cloud – siamo oggi in grado di estrarre nuova informazione e conoscenza. 

Grandissimi moli di dati, capacità di intercettare e scoprire pattern umanamente invisibili, data processing, elaborazione e previsione in tempo reale saranno elementi fondamentali della trasformazione digitale. L’evoluzione della terra di mezzo aprirà nuove conoscenze per migliorare l’operatività e semplificare e governare la complessità delle organizzazioni e degli ecosistemi.

 

Questo repentino cambio di paradigma è reso possibile da varie tecnologie concorrenti: iper-connettività pervasiva, iper-scalabilità del cloud, sistemi iper-distribuiti, algoritmi intelligenti in grado di apprendere dall’esperienza. Ma rispetto al passato viviamo una sempre maggiore centralità dell’utente e dell’esperienza di utilizzo, e un focus crescente sul valore erogato rispetto agli aspetti puramente tecnologici.

 
 

Le nostre community, quelli che il software lo progettano, lo scrivono e lo fanno funzionare, stanno mescolando competenze e professionalità diverse, consapevoli che, per esprimere un valore distintivo e quindi formalizzare un vantaggio competitivo nel codice, è richiesta specializzazione, specificità, apertura e integrazione.

 
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#4 Coding Power: Made in Italy Software as an Asset

 
 
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La “Terra di Mezzo Co-Modale” è una No Comfort Zone. Un territorio che mette in discussione e alla prova modelli, princìpi e tecnologie. In cui i percorsi sono multidimensionali, paralleli e concorrenti. Intersecano tecnologia, processi, ecosistemi, relazioni e modelli di business. Un universo intrinsecamente dinamico, dove il cambiamento e l’adattamento continui sono lo stato stazionario, la normalità. In cui lo spazio dei dati e delle relazioni non segue gli schemi tradizionali e richiede nuove competenze e nuovi approcci. Le “perturbazioni” del sistema si propagano istantanee con conseguenze diffuse e strutturali, che agiscono non solo sugli atomi digitali che costituiscono il sistema (i dati), ma sul funzionamento del sistema stesso (algoritmi, relazioni e dati).

 

Le sfide tecnologiche da affrontare sono importanti, ma non le sole importanti: cloud e multicloud, applicazioni iper-distribuite, concorrenti, multiservizi e “container-izzate”, API, security pervasiva e by design, sensori e flussi di dati, Intelligenza Artificiale “applicata”. Sono solo alcuni dei termini che affollano i media e l’attenzione nel nostro settore, ma la Trasformazione Digitale è una sfida che deve essere affrontata con un approccio di sistema, con un processo organizzativo e culturale vicino alle esigenze concrete dell’organizzazione interessata, sia essa un’azienda produttiva, di servizi, o un ente pubblico o una filiera. 

Il Co-Modale è perciò un territorio multilingue in cui soggetti diversi rappresentano ed esprimono obiettivi e aspettative con linguaggi differenti e specifici: vendite, marketing, produzione, finanza, ingegneria, customer experience. Queste esigenze si intersecano e sviluppano relazioni che trovano nelle nostre tecnologie la trama digitale del loro nuovo tessuto operativo.

Non c’è un centro gravitazionale, un elemento o un linguaggio più importante: gli effetti, gli output sono la metrica di riferimento, il linguaggio comune, la sintesi di una trasformazione che prende avvio dalla tecnologia, ma che parla il linguaggio della realtà. Perché l’output è inclusivo e chiaro, le tecnologie no. Parlare di catene di Markov nascoste non porta beneficio al sistema così come realizzare un trapianto di cuore trascurando la possibile ostruzione delle vene non porta un beneficio al paziente, anche se l’operazione ha successo.

 

Il nostro compito come sviluppatori e integratori di software e tecnologie dell’era Digitale è far sì che un giacimento, i dati, diventi una miniera, trasformando linguaggi e obiettivi diversi e codificando conoscenza specifica nella sua sintesi tecnologica: software e algoritmi.

Software che vive in un delicato equilibrio tra ottimizzazione di componenti standard e specializzazione di elementi sviluppati in modo specifico per le caratteristiche peculiari che esprimono il valore differenziante di un processo, un’organizzazione, un modello operativo o di business. 

 

Affrontare questa nuova complessità richiede incrocio di mercati e di culture – un approccio che abbiamo definitoCrossing Markets/Cultures – per trasformare in una piattaforma la conoscenza dei settori in cui lavoriamo e l’esperienza progettuale che abbiamo maturato in essi. La scelta sartoriale delle tecnologie e dello sviluppo degli algoritmi riflette il nostro modello di relazione privilegiata con il cliente, così come l’intelligenza applicativa delle community di sviluppo riverbera la capacità di leggere il contesto – tecnologico e di business – e di trasformarlo in una piattaforma.

 

Il nostro stesso DNA è l’effetto di incroci di competenze e integrazione di saperi, di cambiamento continuo, e ben si adatta a questo contesto dinamico in cui specificità e specializzazione diventano componenti dei software, connubio indistricabile di eccellenza nel coding e attenzione ai bisogni concreti dei clienti.

Questa trasformazione, di cui siamo contemporaneamente artefici e compartecipi insieme ai nostri clienti e partner, passa attraverso un Modello di Innovazione sempre più aperto, diffuso e interconnesso e una Strategia di Capitale Umano convinta e decisa, che non rappresenta per noi un’operazione alla moda ma una necessità. Siamo convinti che i nuovi territori vadano esplorati insieme, valorizzando le tecnologie, non facendosi specchio di esse. Lo facciamo e lo faremo ampliando le nostre iniziative di valorizzazione e sviluppo del capitale umano – come il nostro Build Y(Our) Future - e le attività di innovazione che puntano decisamente al passaggio dall’Open Innovation all’Open Integration. 

 

La nostra ambizione è di codificare nei nostri software e negli algoritmi che li caratterizzano la specificità e la sartorialità industriale dell’eccellenza, quel connubio di tradizione e innovazione che è patrimonio fondante del Made in Italy. E che, riteniamo, sia il vero fattore differenziante del percorso di Trasformazione Digitale che stiamo affrontando insieme ai nostri Clienti e ai nostri Partner. 

 

Forse la Trasformazione Digitale non sarà caratterizzata da un distacco netto rispetto al passato (la ricerca della "disruption" ad ogni costo) ma dalla trasformazione del nostro passato grazie alle tecnologie digitali, in un percorso che valorizzi la complessità creativa, l'eccellenza artigianale, e la dinamicità organizzativa proprie del Made in Italy.

 

“Le macchine di ferro ci sono sempre, ma obbediscono ai bits senza peso”. Italo Calvino, Lezioni Americane

 
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