Questo sarà un anno decisivo sul fronte della sostenibilità per le imprese europee. I nuovi obblighi di reporting in ambito ESG, introdotti con la definitiva approvazione della CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) da parte del Consiglio dell’Unione europea rappresentano infatti un tassello fondamentale nel quadro normativo sulla sostenibilità, in forte evoluzione.
Già a partire dall’esercizio finanziario 2024, un primo gruppo di aziende dovrà rispondere a obblighi di comunicazione molto più dettagliati e stringenti sugli aspetti ambientali, sociali e di governance, con inevitabili ricadute su larga parte del sistema produttivo. Una condizione che si estenderà poi, progressivamente, alle grandi imprese e alle PMI quotate, con un impatto su circa 5.000 aziende in Italia, 50.000 in Europa. L’introduzione del reporting sulla sostenibilità avrà, però, ripercussioni importanti anche su tutte le catene di fornitura delle realtà soggette ai nuovi obblighi di reporting, che saranno misurate in termini di impatto ambientale, sociale e di governance. Indirettamente, quindi, la normativa influirà non solo sulle organizzazioni di grandi dimensioni, ma anche sulle imprese più piccole che, in quanto anelli fondamentali delle catene del valore, dovranno rispondere alle esigenze di maggiore trasparenza e tracciabilità dei loro clienti.
Si tratta di un vero cambio di paradigma che di fatto chiama
tutte le aziende a definire fin da subito una strategia chiara di transizione
verso modelli di business più sostenibili, con uno sguardo al lungo termine.
L’urgenza è dettata anche da ragioni di competitività: le realtà che non
saranno in grado di misurare e rendicontare l’impatto del proprio business
sull’ambiente e sulla società saranno penalizzate rispetto ai competitor.
Avranno
anche minori opportunità di accesso ai finanziamenti, perché gli istituti
finanziari e gli investitori istituzionali premieranno le imprese con un
profilo di sostenibilità più elevato. In questo senso, le banche giocano
davvero una funzione cruciale nel percorso di transizione verso la
sostenibilità, perché dovranno adottare soluzioni che consentano di valutare le
performance ESG dei propri clienti, rispondendo contemporaneamente loro stesse ad
una richiesta di maggiore trasparenza.
Non è un caso se Banca d’Italia, in un recente Paper pubblicato il 22 dicembre e intitolato “La rendicontazione ESG: quadro normativo e sfide per le banche italiane”, invita gli istituti di credito a non abbassare la guardia. Sulla base dei nuovi requisiti normativi in ambito europeo, infatti, le banche saranno chiamate a fornire numerose informazioni sul loro grado di esposizione ai rischi climatici e ambientali. La sfida principale, qui, è legata proprio alla difficoltà di valutare la posizione della propria clientela, criticità che si riscontra maggiormente in riferimento alle piccole e medie imprese. Una sfida che è, però, anche un’opportunità per le banche, che possono svolgere un ruolo di primo attore in questo contesto. Sollecitando i propri clienti, anche quelli non ancora toccati dagli obblighi di rendicontazione, ad integrare gli obiettivi di sostenibilità nelle proprie strategie e a comunicare le proprie performance ESG, gli istituti finanziari possono infatti aprire la strada ad un percorso di transizione più ampio e pervasivo.
Il tempo, però, non è molto, perché la misurazione e la rendicontazione dei fattori ESG rappresentano solo l’epilogo, la messa a terra, di una più complessa strategia aziendale sul piano della sostenibilità. Prima di rendicontare, l’impresa deve definire i propri obiettivi e stabilire quali azioni intraprendere per realizzarli. Come Dedagroup Business Solutions, possiamo affiancare gli istituti finanziari e le aziende in questo percorso, mettendo in campo le competenze e le sensibilità necessarie per delineare e poi gestire piani efficaci di trasformazione sostenibile.
La nostra esperienza dice che le best practice verso
la sostenibilità nascono da una forte spinta imprenditoriale: se, cioè, i vertici
dell’azienda abbracciano in modo autentico gli obiettivi di crescita sostenibile,
oltre le ragioni di natura commerciale, assimilandoli tra i valori fondativi
dell’azienda. Quando i percorsi di sviluppo sostenibile scaturiscono dalla convinzione
che il cambiamento possa generare valore, concretamente, per l’azienda e per
tutti gli stakeholder – azionisti, dipendenti, fornitori, clienti, comunità
locali – l’integrazione dei fattori ambientali e sociali nei modelli di
business trova la massima espressione.
Dove c’è coerenza tra valori e
progettualità, non c’è spazio per il greenwashing, ovvero per l’adesione
opportunistica e superficiale alla narrazione ormai un po’ inflazionata sulla
sostenibilità. Quella coerenza emerge anche in fase di monitoraggio e
rendicontazione, perché misurare non significa solo certificare
l’adeguamento sul piano normativo, ma validare concretamente le ricadute
positive della transizione verso un modello più attento all'ambiente e alle
persone, in un processo di miglioramento continuo.
Come Dedagroup Business Solutions vogliamo - e possiamo - giocare un ruolo da protagonisti in questo percorso di crescente consapevolezza da parte di aziende e istituti finanziari. La sostenibilità è, infatti, un tema trasversale che riguarda l’impresa nella sua interezza, e la nostra visione aperta e complessiva sul mondo finanziario e su quello delle Large Corporate ci permette di indirizzare le esigenze di banche e aziende nei diversi ambiti e contesti. Occorre infatti mettere in campo sia l’approccio strategico e olistico che le soluzioni tecnologiche necessarie a garantire il governo dei vari contributi che concorrono alla trasformazione dei modelli di business e alla misurazione dei risultati ottenuti.
Al centro di questo processo c’è la digitalizzazione, che interviene in diverse fasi: identificazione dei KPI (Key Performance Indicator) relativi agli obiettivi di sostenibilità; raccolta dei dati e delle variabili che esprimono il percorso di cambiamento; monitoraggio nel tempo attraverso una reportistica dedicata. Ma non solo: la digitalizzazione è la vera e propria essenza del percorso di evoluzione verso modelli di business più sostenibili, perché consente di automatizzare i processi, di gestirli in modalità paperless e di ottimizzarli, con importanti benefici in termini di risparmio energetico, ma anche di efficienza. Il digitale, in definitiva, è lo strumento imprescindibile e abilitante che permette a imprese, istituti finanziari e organizzazioni di rispondere all’esigenza di trasparenza, misurazione, rendicontazione e gestione dei propri obiettivi ESG, anche attraverso un governo esteso dei processi e dell’intera catena di fornitura.
Per le aziende intenzionate a portare avanti questo processo d’innovazione, il PNRR rappresenta quindi una straordinaria opportunità. Alla componente 2 della Missione 1, titolata “Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo”, infatti, sono destinati 22,2 miliardi di euro, di cui solo 6,7 miliardi sono stati già spesi tra il 2021 e il 2022. Da qui al 2026 le imprese potranno dunque trovare una spinta decisiva nelle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza che, favorendo la loro digitalizzazione, consentiranno al tempo stesso di mettere a terra più efficacemente i piani di transizione sostenibile.
Un punto di convergenza virtuoso tra il percorso di innovazione tecnologica e quello di uno sviluppo più consapevole e sostenbile, che testimonia quanto in questa fase di cambiamento sia fondamentale adottare un approccio aperto e sistemico, capace di stimolare una trasformazione della governance e della strategia aziendale nella sua complessità.